Sinfonica

Il pubblico – 29 Aprile 2023


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MATISSE
So perfettamente,    ..
. . che questo è un post che non dovrei scrivere e che dai miei pochi “followers” (anche quelli che mi sono più vicini)  partiranno strali virtuali con prevedibili (e forse giustificati)  motivi.  Ma per onestà intellettuale credo opportuno esprimere una sensazione che provo molto spesso quando assisto a un concerto (e in particolare a Bologna). L’occasione mi è data dal concerto cui ho assistito ieri sera. Un giovinotto muscolare si esibisce nel primo concerto di Rachmaninov con un eccesso costante di sonorità complice un direttore di orchestra che deve avere problemi non secondari di udito (e che forse mi costringerà a rivolgermi a un otorino avendo probabilmente riportato danni irreversibili per essere stato sottoposto a una soglia del rumore ben oltre i limiti accettabili).  Il solista muscolare, non pago di un’esecuzione da incontro di lotta greco-romana, sceglie come bis due trascrizioni (si noti bene, non le parafrasi lisztiane) di arie operistiche italiane, convinto così di catturare il consenso del pubblico, che  infatti nella fila dietro la mia accenna ad accompagnare con il canto a mezza voce gli stranoti motivi dopo avere compulsato durante tutta l’esecuzione il cellulare (maleducazione non infrequente allo stato puro ma si sa, quando sono in gioco i destini dell’Europa…). Per non parlare della necessità irrefrenabile che spinge a urlare “bravo” possibilmente ad alta voce e per primi come per dimostrare di essere raffinati intenditori.  (Mai che qualcuno – come mi è capitato alla Deutsche Oper di Berlino – che gridi  was ist diese Scheisse – lascio immaginare la traduzione. Neppure timidi “buh” risuonano anche quando ce ne sarebbe oltremodo bisogno).  Per accentuare il livello di rumore un energumeno riesce ad applaudire dietro le mie orecchie con un vigore da Guinness dei primati che mi obbliga a turarmi le orecchie. Ora è assolutamente vero che non è bello quello che è bello ma è bello quello che piace, ma sarebbe interessante capire perché ottiene un successo stellare chi suona forte e veloce (e soprattutto brani noti) e molto meno chi invece dalla musica cerca di estrarre il significato profondo. Insomma il pubblico bolognese dei concerti è un’ottima metafora degli elettori italiani (e non solo, sia chiaro) costantemente stregati dal pifferaio di turno. Diceva Orazio odi profanum vulgus et arceo e questo verso mi risuona costantemente a fronte di successi ottenuti a buon mercato. Il mio animo profondamente democratico mi rimprovera costantemente un atteggiamento da stiff lips e quindi faccio preventiva ammenda ma qualche volta è necessario essere onesti.  E ora che il possibile/probabile diluvio di improperi cominci.
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(Giovanni Neri 77)
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12 risposte a "Il pubblico – 29 Aprile 2023"

  1. Leo Orselli ha detto:

    E cosa dire di chi aspetta che il musicista inizi a suonare per scartare varie caramelle e poi ripiegare accuratamente e rumorosamente le plastiche che le contenevano?

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  2. Carlo Borghi ha detto:

    Anch’io ero al Manzoni venerdì sera. Sono assolutamente d’accordo con te. Non conoscevo il concerto di Rachmaninov ma mi è parso che il ragazzotto in smoking oltre all’urlato ed alla fretta abbia anche fatto approssimazioni, errori e stonature che mi sono sembrate notevoli nei due bis. Anche il direttore mi pare abbia continuato con solo espressioni muscolari nella sinfonia di Sibelius.

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  3. Dario ha detto:

    Condividendo pienamente la “recensione” sul pubblico mi resta solo che sperare un livello culturale diverso per il futuro ma dubito ascoltando i messaggi “musicali” alle giovani generazioni dei rapper trapper e così via.

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  4. Rambomax ha detto:

    Non vedo proprio cosa si potrebbe obiettare a questa recensione. Capita quasi sempre di sentire gli urlatori di “bravo/a” e gli applausi che partono al momento sbagliato.
    Il discorso della mancata educazione musicale a scuola è interessante, anche se non è chiaro come la si dovrebbe mettere in pratica: anche l’apprendimento di come si legge uno spartito non è banale; soprattutto, non è una cosa che si può mandare a memoria, e questo ovviamente è un problema. Se s’introducesse la musica nei programmi scolastici, temo che si finirebbe coll’erogare la storia della musica. Nel vecchio liceo, in fondo, era così: c’era la storia della letteratura italiana, di quella latina e di quella greca, la storia dell’arte, la storia della filosofia, la storia della storia (la ragione di tutte queste storie sarebbe che esse sono la manifestazione dello Spirito che evolve, quello con la maiuscola per distinguerlo da quello che sta nel vino). Ci siamo risparmiati la storia della chimica e quella della ginnastica, mentre sarebbe stato più piccante erogare la storia delle religioni, ma da questo si sono ben guardati.

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    • È chiaro che il problema dell’insegnamento della musica non è banale. Ma non si insegnano anche le lingue con compiti scritti? La lettura di uno spartito (e il suo solfeggio) non differisce da qualsiasi altra lingua e l’ascolto critico di un brano musicale equivale alla lettura di un brano letterario. Poi c’è naturalmente il possibile studio di uno strumento e per questo esistono i licei specializzati, quelli musicali. Ma il collegamento con le altre arti, lo studio della sua storia e la partecipazione (non raggruppati!) non a concerti (spesso difficili) ma a opere (ad esempio Le Nozze di Figaro) con compiti da svolgere a scuola come “verifica” (arridatece la vecchia interrogazione!) servirebbe. Poi, sia chiaro, rimane quello che rimane, come per la letteratura, l’arte, il greco etc. Ma abdicare preventivamente è demenziale e visto che siamo in Europa sarebbe bene che i provincialissimi nostri politici (presenti al calcio e mai a un concerto) si documentassero su quanto avviene all’estero. “Vox clamantis in deserto”..

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  5. Carlo Giulio Lorenzetti Settimanni ha detto:

    Non strali ma lodi e solidarietà per la sapienza dei giudizi musicali e per le note di costume.
    Ma come migliorare l’educazione del pubblico se la musica è del tutto negletta dalla nostra scuola ?

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