Sinfonica

Li zite ngalera – La Scala 21 Aprile 2023


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Medici senza frontiere

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MATISSE
Un’operina settecentesca…
… del napoletano Leonardo Vinci (da non confondere con il più titolato Leonardo da Vinci..) certo di non eccelsa qualità (e purtroppo piuttosto lunga) nella quale ci sono tutti gli ingredienti della commedia del tempo: innamorati travagliati, travestimenti di donne in uomini, turchi prima selvaggi e poi raddolciti dalla scoperta di una figlia ritenuta perduta, una vecchia in calore alla ricerca di un amante giovne, servitori (che si comportano come Arlecchino) scaltri e ruffiani, un barbiere (che non guasta mai), una prima amorosa capace di farsi corteggiare da più amanti e sposare poi quello più umile e un capitano che ritrova fortunosamente l’amata rienuta perduta.Con l’inevitabile happy end. E forse ho dimenticato qualcosa! Il tutto in una cornice molto convenzionale che – sia detto – per una volta permette di dimenticare regie cervellotiche e spesso di cattivo gusto. Qui siamo nella convenzione più tradizionale, forse non eccelsa, ma certamente godibile.
Li zite III
Un libretto in dialetto napoletano (fortunatamente con traduzione disponibile sulle poltrone)  oggettivamente modesto, molto convenzionale e composto di brevissime scene che permettono a tutti i cantanti di esibirsi a turno e una musica anch’essa molto convenzionale che non raggiunge mai livelli di eccellenza e in generale di qualità appena sufficiente. Di tutta la performance probabilmente le cose migliori attengono alla regia, soprattutto per la scenografia che con composizioni e scomposizioni permette di seguire i vari personaggi nelle diverse locazioni in cui si svolge l’azione.
Li zite II
Bene ha fatto la Scala a rcordarci che non esistono solo i grandi geni ma anche una schiera di compositori, forse giustamente dimenticati, ma che meritano almeno una volta di essere ricordati. (Ma una volta è certamente sufficiente). Una compagnia di canto di buona qualità nella quale non emergono (e non potrebbero, data l’opera) voci eccezionali così come è il caso dell’orchestra barocca, nella quale sono inseriti molti strumenti dell’epoca (ad esempio il calascione).
 
Li zite I
Comunque un pubblico piuttosto folto é sembrato apprezzare molto l’opera con ripetuti applausi a scena aperta, forse rilassato per  potere assistere senza sforzarsi troppo di dare un significato a soluzioni registiche “creative”. In totale: una serata piacevole ma non esaltante.
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(Giovanni Neri 77)

Happy

Direttore Andrea Marcon
Regia Leo Muscato
Scene  Federica Parolini
Costumi Silvia Aymonino
Luci Alessandro Verazzi

CAST

Carlo Celmino Francesca Aspromonte
Belluccia Mariano Chiara Amarù
Ciomma Palummo Francesca Pia Vitale
Federico Mariano Filippo Morace
Titta Castagna Filippo Mineccia
Meneca Vernillo Alberto Allegrezza
Ciccariello Raffaele Pe
Rapisto Marco Filippo Romano
Col’Agnolo Antonino Siragusa
Assan Matías Moncada
Na schiavottella Fan Zhou
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An eighteenth-century opera of the Neapolitan Leonardo Vinci (not to be confused with the more titled Leonardo da Vinci ..) certainly of not exceptional quality (and unfortunately rather long) in which there are all the ingredients of the comedy of the time: troubled lovers, disguises of women in men, Turks first wild and then softened by the discovery of a believed lost daughter, an old woman in search of a young lover, servants (who behave like Harlequin) shrewd and ruffians, a barber (who never hurts), a first amorosa able to be courted by several lovers and then marry the most humble and a captain who fortunately finds the thought lost beloved. With the inevitable happy ending. And maybe I forgot something! All in a very conventional framework that – let it be said – for once allows people to forget brainy and often tacky directions. Here we are in the most traditional convention, perhaps not excellent, but certainly enjoyable. A libretto in Neapolitain dialect (fortunately with translation available on the armchairs) objectively modest, very conventional and composed of very short scenes that allow all the singers to perform in turn and a music also very conventional that never reaches levels of excellence and in general of just barely acceptable quality. Of the whole performance probably the best things relate to the direction, especially for the scenography that with compositions and decompositions allows people to follow the various characters in the different locations where the action takes place. La Scala did well to remind us that there are not only great geniuses but also a host of composers, perhaps rightly forgotten, but who deserve at least once to be remembered. (But once is certainly enough.) A singing company of good quality in which exceptional voices do not emerge (and could not, given the music) as is the case of the baroque orchestra, in which many instruments of the time (for example the calascione) are inserted. However, a rather large audience seemed to appreciate the work with repeated applause in the open scene, perhaps relaxed to be able to attend without making too much effort to give meaning to “creative” directorial solutions. In total: a pleasant but not exciting evening.
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