Sinfonica

I vespri siciliani – Bologna comunale nouveau 19 Aprile 2023


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Medici senza frontiere

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MATISSE
Mi ero chiesto….
..perchè alla Scala avessero rappresentato quest’opera nella versione francese.  Dopo avere ascoltato quella italiana, con un libretto linguisticamente da brivido, ho capito perchè. Ma non è stata l’unica “pecca” dei Vespri bolognesi. A partire dall’organizzazione. NON si fa cominciare un’opera di questa lunghezza alle 20  inserendo poi due lunghi intervalli e cambi di scena oltremodo protratti (grazie alle strutture inadeguate del “noveau”, suppongo). Una “grand’opera” è per sua natura lunga anche a causa dei balletti che, proprio in questo tipo di opera, erano considerati indispensabili e non per niente alla Scala l’inizio era stato anticipato alle 19.30. A Bologna il solito management non si è neppure posto il problema. Dello spettacolo va unicamente sottolineata positivamente la regia e in particolare scenografia e costumi (veramente bellissimi) con l’inserimento di “pupi” viventi molto bravi a mimare la dinamica delle marionette.
Vespri Bologna I
Discutibile il can-can del balletto sulla tarantella (a parte che non si capisce perchè Verdi abbia inserito questo tipo di ritmo in un’opera ambientata a Palermo!). Ciò detto il resto è stato un allestimento complessivo da dimenticare. Del tenore Stefano Secco non vale la pena di disquisire (fra l’altro addobbato con un costume di gusto scozzese con gonnellino che ne ha sottolienato la modesta statura fisica): una prova scialba che non ha mai raggiunto il livello della sufficienza. Sufficienza raggiunta a malapena dal soprano Roberta Mantegna che dopo un avvio da brivido nella prima aria del primo atto è un po’ cresciuta ma senza mai raggiungere livelli di eccellenza. Discrete, ma nulla più, le prove di Roberto Zanellato e Franco Vassallo, quest’ultimo chiaramente in difficoltà in un ruolo vocalmente impervio.
Vespri Bologna II
E anche la direzione di Livniv è mancata in questa occasione, sia per l’incapacità di tenera a bada fiati e percussioni sia per attacchi non sempre precisi e l’inizio dell’ouverture a un tempo da marcia funebre. L’opera è decisamente modesta e il risultato bolognese totalmente in linea come comprovato dalla  pressochè  totale assenza di applausi a scena aperta e applausi più che moderati alla fine dello spettacolo. Un’unica nota positiva: finalmente i sopratitoli sono risultati leggibili ma non è certo questo che può risollevare il livello dello spettacolo.  Sala mezza vuota e con parecchi abbandoni fra un atto e l’altro.
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(Giovanni Neri 77)  

Direttrice Oksana Lyniv

Regia Emma Dante

MAESTRO DEL CORO Gea Garatti Ansini

Interpreti

LA DUCHESSA ELENA Roberta Mantegna

ARRIGO Stefano Secco

GUIDO DI MONFORTE Franco Vassallo

GIOVANNI DA PROCIDA Riccardo Zanellato

IL SIRE DI BETHUNE Gabriele Sagona

IL CONTE DI VAUDEMONT Ugo Guagliardo

NINETTA Carlotta Vichi

DANIELI Francesco Pittari

MANFREDO Vasyl Solodkyy

ROBERTO Alessio Verna

TEBALDO Manuel Pierattelli

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I wondered why la Scala staged this opera in the French version.  After listening to the Italian one, with a linguistically creepy libretto, I understood why. But it was not the only “flaw” of the Bologna Vespri. Starting with the organization. An opera of this length CANNOT be startet at 8 p.m. inserting two long intervals and extremely protracted scene changes (thanks to the inadequate structures of the “noveau”). A “grand’opera” is by its nature long also because of the ballets that, as always in this type of opera, were considered indispensable and therefore at la Scala the beginning was anticipated to 7.30 pm. In Bologna, the usual poor management did not even consider the problem. Of the performance should be emphasized only positively the stage direction and in particular the scenography and costumes (really beautiful) with the inclusion of living “puppets”, very good at mimicking their dynamics. The can-can of the ballet on the tarantella was questionable (it is not clear why Verdi has included this type of rhythm in an opera set in Palermo!). That said, the rest was all to forget. The tenor Stefano Secco is not worth quibbling (among other things with a costume of Scottish taste with skirt that has emphasized his modest physical stature): a dull performance that has never reached the level of sufficiency. Sufficiency barely reached by the soprano Roberta Mantegna who after a devastating start in the first aria of the first act has grown a little but without ever reaching levels of excellence. Discrete, but nothing more, the performances of Roberto Zanellato and Franco Vassallo, the latter clearly in difficulty in a vocally impervious role. And the direction of Livniv too was not up to the job on this occasion, both for the inability to keep winds and percussion at bay and for attacks not always precise and the beginning of the overture to a funeral march pace. The opera is decidedly modest and the Bologna result totally in line as evidenced by the almost total absence of applause in the open scene and more than moderate applause at the end of the perfromance. A single positive note: finally the surtitles were legible but this is certainly not what can raise the level of the show. Hall half empty and with several abandonments between one act and another.
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3 risposte a "I vespri siciliani – Bologna comunale nouveau 19 Aprile 2023"

  1. Marianna ha detto:

    Sono reduce dalla visione dei Vespri, edizione “pomeridiana” dell 22/04. Non sono esperta di niente, un po’ di opere ne ho viste nel corso della vita. I Vespri Siciliani mai prima. Totale accordo per quanto riguarda il giudizio sul libretto: mi è rimasta la curiosità, che soddisferò, di andare a leggere la versione in francese. Un Fusinato non al suo meglio che evidentemente aveva difficoltà – nonostante il largo uso di parole troncate che oggi verrebbe cassato – a muoversi nelle strette gabbie delle traduzioni metriche. E’ passato il messaggio patriottico, che era una sua specialità, ma a prezzo di innumerevoli frasi infelici e accenti fuori posto.
    Per i cantanti, io avevo il cast B, ma Arrigo era ugualmente basso ed ugualmente poco impressionante. L’unico che mi è piaciuto è stato Procida (Beggi) e non se l’è cavata male nemmeno Monfort. Anche la “mia” Elena è cresciuta atto dopo atto, ma si sentiva soprattutto nei pezzi senza l’orchestra. E’ la prima volta che vado nella nuova sede del comunale e non so dire se possa o meno essere effetto dell’acustica diversa. Sposo il commento di Giacomo Giuliani per i pupi, magnifici, e le parti di ballo.
    Non mi sono piaciuti i francesi: l’atteggiamento della mala marsigliese in una tutina di Star Trek. Ho trovato povera la dinamica oppressore/oppresso, risolta sempre con l’uscita di una pistola e non l’ho per nulla sentita in amalgama con l’accostamento alla mafia. Pur razionalmente comprensibile, l’ho avvertito come posticcio, non sono riuscita a “viverlo” all’interno della storia, a differenza del motivo patriottico storico. Più passa il tempo più mi convinco che non tutte le opere reggono le riletture o le attualizzazioni alla stessa maniera. Riuscì, a mio avviso, la Turandot del collettivo russo di qualche anno fa, sempre del TCBO. O forse sono le opere non pienamente riuscite in origine, come questi Vespri, a non reggerle bene.
    Bene le scenografie.

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  2. Giacomo Giuliani ha detto:

    Sono in parte d’accordo con quanto detto. Personalmente, ho trovato le coreografie appropriate e coerenti sia con l’opera in sè sia con la scenografia. Nonostante sia indicata come “Tarantella”, ho trovato la danza molto più simile al Saltarello della quarta di Mendellsohn. L’inesattezza geografica della scelta della danza non stupisce: è chiara la scelta del compositore di associare un ballo popolare di chiaro riferimento al territorio italiano da contrapporre al nemico straniero. Non c’era nè l’intento di fare una ricostruzione accurata del contesto siciliano, nè l’etnomusicologia era una disciplina già sviluppata al tempo delle scuole nazionali.
    Per quanto riguarda i cantanti, nonostante il parziale attenuante della complessità e lunghezza dell’opera, ho trovato inadeguato il tenore per la parte e, in generale, un cast non brillante come altre opere precedenti. Sul ruolo di Giovanni da Procida credo che Zanellato abbia fatto un buon lavoro nonostante la parte, probabilmente più adatta a un Bass-Baritone (la parte sembra scritta per tenore o baritono e successivamente abbassata di un’ottava). Ho trovato molto interessante il baritono, sia per la vocalità in generale, sia per l’interpretazione.

    Da rivedere l’orchestra: a parte la distanza di quest’opera dal repertorio usuale della direttrice, ho avuto la sensazione che mancassero un po’ di prove.

    Menzione speciale per la regista che ha ben saputo sfruttare lo spazio è realizzato una scenografia che ho apprezzato molto, mi è dispiaciuto non sia venuta per gli applausi finali.

    Giudizio generale: peccato, un’occasione mancata.

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