MATISSE
Mi ero chiesto….
..perchè alla Scala avessero rappresentato quest’opera nella versione francese. Dopo avere ascoltato quella italiana, con un libretto linguisticamente da brivido, ho capito perchè. Ma non è stata l’unica “pecca” dei Vespri bolognesi. A partire dall’organizzazione. NON si fa cominciare un’opera di questa lunghezza alle 20 inserendo poi due lunghi intervalli e cambi di scena oltremodo protratti (grazie alle strutture inadeguate del “noveau”, suppongo). Una “grand’opera” è per sua natura lunga anche a causa dei balletti che, proprio in questo tipo di opera, erano considerati indispensabili e non per niente alla Scala l’inizio era stato anticipato alle 19.30. A Bologna il solito management non si è neppure posto il problema. Dello spettacolo va unicamente sottolineata positivamente la regia e in particolare scenografia e costumi (veramente bellissimi) con l’inserimento di “pupi” viventi molto bravi a mimare la dinamica delle marionette.
Discutibile il can-can del balletto sulla tarantella (a parte che non si capisce perchè Verdi abbia inserito questo tipo di ritmo in un’opera ambientata a Palermo!). Ciò detto il resto è stato un allestimento complessivo da dimenticare. Del tenore Stefano Secco non vale la pena di disquisire (fra l’altro addobbato con un costume di gusto scozzese con gonnellino che ne ha sottolienato la modesta statura fisica): una prova scialba che non ha mai raggiunto il livello della sufficienza. Sufficienza raggiunta a malapena dal soprano Roberta Mantegna che dopo un avvio da brivido nella prima aria del primo atto è un po’ cresciuta ma senza mai raggiungere livelli di eccellenza. Discrete, ma nulla più, le prove di Roberto Zanellato e Franco Vassallo, quest’ultimo chiaramente in difficoltà in un ruolo vocalmente impervio.
E anche la direzione di Livniv è mancata in questa occasione, sia per l’incapacità di tenera a bada fiati e percussioni sia per attacchi non sempre precisi e l’inizio dell’ouverture a un tempo da marcia funebre. L’opera è decisamente modesta e il risultato bolognese totalmente in linea come comprovato dalla pressochè totale assenza di applausi a scena aperta e applausi più che moderati alla fine dello spettacolo. Un’unica nota positiva: finalmente i sopratitoli sono risultati leggibili ma non è certo questo che può risollevare il livello dello spettacolo. Sala mezza vuota e con parecchi abbandoni fra un atto e l’altro.
PS Sono costretto ancora una volta a segnalare che commenti “anonimi” e non inviati ai “commenti” dei posts sono immediatamente cassati
(Giovanni Neri 77)
Direttrice Oksana Lyniv
Regia Emma Dante
MAESTRO DEL CORO Gea Garatti Ansini
Interpreti
LA DUCHESSA ELENA Roberta Mantegna
ARRIGO Stefano Secco
GUIDO DI MONFORTE Franco Vassallo
GIOVANNI DA PROCIDA Riccardo Zanellato
IL SIRE DI BETHUNE Gabriele Sagona
IL CONTE DI VAUDEMONT Ugo Guagliardo
NINETTA Carlotta Vichi
DANIELI Francesco Pittari
MANFREDO Vasyl Solodkyy
ROBERTO Alessio Verna
TEBALDO Manuel Pierattelli
Sono reduce dalla visione dei Vespri, edizione “pomeridiana” dell 22/04. Non sono esperta di niente, un po’ di opere ne ho viste nel corso della vita. I Vespri Siciliani mai prima. Totale accordo per quanto riguarda il giudizio sul libretto: mi è rimasta la curiosità, che soddisferò, di andare a leggere la versione in francese. Un Fusinato non al suo meglio che evidentemente aveva difficoltà – nonostante il largo uso di parole troncate che oggi verrebbe cassato – a muoversi nelle strette gabbie delle traduzioni metriche. E’ passato il messaggio patriottico, che era una sua specialità, ma a prezzo di innumerevoli frasi infelici e accenti fuori posto.
Per i cantanti, io avevo il cast B, ma Arrigo era ugualmente basso ed ugualmente poco impressionante. L’unico che mi è piaciuto è stato Procida (Beggi) e non se l’è cavata male nemmeno Monfort. Anche la “mia” Elena è cresciuta atto dopo atto, ma si sentiva soprattutto nei pezzi senza l’orchestra. E’ la prima volta che vado nella nuova sede del comunale e non so dire se possa o meno essere effetto dell’acustica diversa. Sposo il commento di Giacomo Giuliani per i pupi, magnifici, e le parti di ballo.
Non mi sono piaciuti i francesi: l’atteggiamento della mala marsigliese in una tutina di Star Trek. Ho trovato povera la dinamica oppressore/oppresso, risolta sempre con l’uscita di una pistola e non l’ho per nulla sentita in amalgama con l’accostamento alla mafia. Pur razionalmente comprensibile, l’ho avvertito come posticcio, non sono riuscita a “viverlo” all’interno della storia, a differenza del motivo patriottico storico. Più passa il tempo più mi convinco che non tutte le opere reggono le riletture o le attualizzazioni alla stessa maniera. Riuscì, a mio avviso, la Turandot del collettivo russo di qualche anno fa, sempre del TCBO. O forse sono le opere non pienamente riuscite in origine, come questi Vespri, a non reggerle bene.
Bene le scenografie.
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Sono in parte d’accordo con quanto detto. Personalmente, ho trovato le coreografie appropriate e coerenti sia con l’opera in sè sia con la scenografia. Nonostante sia indicata come “Tarantella”, ho trovato la danza molto più simile al Saltarello della quarta di Mendellsohn. L’inesattezza geografica della scelta della danza non stupisce: è chiara la scelta del compositore di associare un ballo popolare di chiaro riferimento al territorio italiano da contrapporre al nemico straniero. Non c’era nè l’intento di fare una ricostruzione accurata del contesto siciliano, nè l’etnomusicologia era una disciplina già sviluppata al tempo delle scuole nazionali.
Per quanto riguarda i cantanti, nonostante il parziale attenuante della complessità e lunghezza dell’opera, ho trovato inadeguato il tenore per la parte e, in generale, un cast non brillante come altre opere precedenti. Sul ruolo di Giovanni da Procida credo che Zanellato abbia fatto un buon lavoro nonostante la parte, probabilmente più adatta a un Bass-Baritone (la parte sembra scritta per tenore o baritono e successivamente abbassata di un’ottava). Ho trovato molto interessante il baritono, sia per la vocalità in generale, sia per l’interpretazione.
Da rivedere l’orchestra: a parte la distanza di quest’opera dal repertorio usuale della direttrice, ho avuto la sensazione che mancassero un po’ di prove.
Menzione speciale per la regista che ha ben saputo sfruttare lo spazio è realizzato una scenografia che ho apprezzato molto, mi è dispiaciuto non sia venuta per gli applausi finali.
Giudizio generale: peccato, un’occasione mancata.
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Grazievermanete per il lungo e dettagliato commento.
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