Sinfonica

Saleem Ashkar- Bologna Musica Insieme 27 Marzo 2023


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MATISSE
A cavallo,    ..
. . fra la classicità e la modernità etnica Saleem Ashkar, non reduce dalla vincita di un importante concorso (fatto del tutto secondario, si pensi solo alla grande Yuja Wang),  ha presentato un programma che ha incluso anche moderni compositori rappresentanti della cultura nell’ambito della quale il pianista è cresciuto. Una scelta felice valutare la quale, in termini interpretativi è difficile.   Importante invece la presenza beethoveniana, la registrazione integrale delle cui sonate Ashkar ha appena concluso. Oltre alla poco frequentata e forse un po’ trascurata sonata n. 5 (che mi ha ricordato il mio compimento inferiore ben 65 anni fa!) nel programma è stata compresa la sonata op.  81a intitolata (a partire dalla sequenza iniziale sol-fa mib assonante con il tedesco Le-be-wohl) Les Adieux (interessante l’uso del francese) che porta per ogni movimento un nome (der Abschied, die Abwesenheit, das Wiedersehen).  L’interpretazione beethoveniana è stata di buona, non eccelsa qualità, caratterizzata da una certa rigidità esecutiva che trascura di mettere in evidenza gli aspetti cantabili a favore di un rispetto anche eccessivo delle dinamiche della partitura. Un Beethoven corretto ma nel quale manca – per così dire – l’anima. Non è necessario indulgere in prassi interpretative fuori dallo stile compositivo del compositore di Bonn (quali ad esempio il “rubato”) ma è sempre necessaria la sottolineatura degli aspetti lirici: è proprio dei grandi interpreti ottenerla rispettando l’ambito stilistico. Con Ashkar è un po’ mancata. Di qualità decisamente inferiore l’esecuzione dei due brani romantici. A parte la presenza non secondaria di note false, nella Kreisleriana alcuni degli otto brani sono stati snaturati. Come esempio, nel travolgente finale del terzo brano del ciclo è stata la musica ad essere travolta e nell’ultimo brano (Schnell und Spielend – caratterizzata dal ritmo puntato caro a Schumann) le semicrome – così significanti – sono state trasformate in un sorta di abbellimento, un’acciaccatura per intenderci. A questo proposito inviterei ad ascoltare alcune delle interpretazioni più famose e in particolare quella di Horowitz che nel proprio nel finale evita qualunque aspetto virtuosistico.  Ha concluso il programma la terza ballata di Chopin (che insieme alla prima era presente – prima della scellerata riforma dei conservatori – nei programmi di compimento medio di pianoforte, mentre la seconda e la quarta – più difficili tecnicamente – erano inserite nei programmi di diploma) ovviamente proposta solo per raccogliere un facile applauso, dal momento che la bellissima conclusione della Kreisleriana con la sua singola nota bassa non si prestava – secondo il pianista  – a entusiasmare il pubblico. Phishing for applause, non un bel segnale. Un’esecuzione – quella della ballata – di livello medio che si inquadra nell’approccio di Ashkar al repertorio romantico.  Un solo bis (un notturno del compositore polacco) per un moderato successo di pubblico.  (Naturalmente da notare il solito maleducato che ha acceso ripetutamente il cellulare nonostante la mia protesta. Suggerirei di fare come a Milano, al Quartetto, che nei “suggerimenti” iniziali chiede esplicitamente di NON accendere lo schermo, visto il disturbo che arreca ai vicini. Naturalmente se il soggetto aspettava una chiamata di Putin o Biden per concludere la guerra in Ukraina….).
PS Sono costretto ancora una volta a segnalare che commenti “anonimi” e non inviati ai “commenti” dei posts sono immediatamente cassati
PPS Una piccolissima nota da notiziario “gossip” (se a Kurvenal qualche volta è concesso…). Molto apprezzato l’uso, ormai quasi ovunque tramontato nei concerti solistici, del frac, ma in tal caso il papillon deve essere bianco e non nero da smoking….
(Giovanni Neri 77)

Happy

Programma

L.v.Beethoven Sonata n.5 op. 10, Sonata n.26  op. 81 (Les Adieux)
Partos              Preludio per pianoforte
Al-Zand            Preludi
R.  Schumann Kreisleriana op. 16
F.Chopin  Ballata n.3 n la bemolle maggiore op. 47

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Half way between classicism and ethnic modernity Saleem Ashkar, not winner of an important competition (a completely secondary fact, just think of the great Yuja Wang), presented a program that also included modern composers representing the culture in which the pianist grew up. A happy choice to evaluate which, in interpretative terms, is difficult.   Important instead is the Beethoven presence, the complete recording of whose sonatas Ashkar has just concluded. In addition to the little performed and perhaps somewhat neglected sonata no. 5, the program included the sonata op.  81 (starting from the initial sequence G-F-Eflat assonant with the German Le-be-wohl) named Les Adieux (interesting use of French) which bears a name for each movement (der Abschied, die Abwesenheit, das Widersehen).  Ashkar Beethoven’s interpretation was of good, not excellent quality, characterized by a certain executive rigidity that neglects to highlight the “cantabile” aspects in favour of an even excessive respect for the dynamics of the score. A correct Beethoven but in which the essential soul  is missing, so to speak. It is not necessary to indulge in interpretative practices outside the compositional style of the composer of Bonn (such as the “rubato”) but it is always necessary to underline the lyrical aspects: it is proper of the great interpreters to obtain it respecting the stylistic context. With Ashkar it is a bit missed. The execution of the two romantic pieces was of decidedly lower quality. Apart from the non-secondary presence of  false notes, in the Kreisleriana some of the eight pieces have been distorted. As an example, in the overwhelming finale of the third piece of the cycle it was the music that was overwhelmed and in the last piece (Schnell und Spielend – characterized by the dotted rhythm dear to Schumann) the semiquavers – so significant – were transformed into a sort of embellishment, a cue to be clear. In this regard, I would invite people to listen to some of the most famous interpretations and in particular that of Horowitz who in the final avoids any virtuosic aspect.  The program ended with Chopin’s third ballade obviously proposed only to collect an easy applause, since the beautiful conclusion of the Kreisleriana with its single low note did not lend itself – according to the pianist – to excite the public. Phishing for applause, not a good sign. A performance – that of the ballade – of medium level that is part of Ashkar’s approach to the romantic repertoire.  A single encore (a nocturne by the Polish composer) for a moderate success with the public.
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