Sinfonica

Altstaedt Lonquich- Bologna Musica Insieme 6 Marzo 2023-


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Medici senza frontiere

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MATISSE
Un programma decisamente  ,    ..
. . “robusto” che spazia fra ‘800 e ‘900 e che offre una panorama musicale ampio e completo. Molto significativa la sua composizione iniziale e la conclusione che permette di comprendere l’evoluzione compositiva di Beethoven, dalla prima impostazione di stile ancora haydniano (sebbene senza la tradizionale tri-quadripartizione) a quello che viene definita “terza fase”, forse in modo improprio ma sufficientemente indicativo. La sonata op.102 n.2 esprime tutta la poetica finale del compositore di Bonn, sia per le armonie quasi atonali in certi passaggi del finale (alcune delle dissonanze sono più che novecentesche) sia per la presenza della fuga (in realtà la dizione è “allegro fugato” perché non rispetta rigorosamente il dettato contrappuntistico). Un monumento al violoncello non compreso dai suoi contemporanei così come non furono compresi gli ultimi quartetti, le ultime sonate per pianoforte e in generale le ultimo composizioni. In tutte queste partiture comunque emerge in uno modo o nell’altro la fuga come elemento distintivo, un richiamo classicistico rivisto nei tempi che precedettero il romanticismo. Una sonata che deve essere ascoltata più volte per capirne tutto il significato e che nel finale pone problemi tecnici non secondari al violoncello e al piano (si pensi alle scale di seste del pianoforte nella parte conclusiva della fuga che richiedono un’esecuzione da “ottave”).  Fra i due capolavori beethoveniani tre composizioni novecentesche fra le quali emerge la breve sonata di Claude Debussy che nella sua rarefazione racchiude tutto il  mondo del compositore francese. E da sottolineare la scelta felice di una composizione di Samuel  Barber (un compositore che viene sempre più riscoperto al di là del suo famoso “adagio”) e la presenza di Nadia Boulanger – espressione della cultura francese a cavallo della metà del XIX secolo – la cui produzione si segnala per una personalità  “fuori dal coro” anche se le sue molteplici frequentazioni culturali annoverarono tutti gli esponenti più noti del periodo. Bene la prima sonata beethoveniana e le due composizioni di Barber (una sonata non bellissima, episodica e priva di un suo filo logico) e Boulanger. In Debussy si è cominciato a sentire quella assenza di colori che per un impressionista della musica debbono essere il filo conduttore della esecuzione. Un’ interpretazione per lo più piatta anche perché il violoncello di  Altstaedt  ha un suono piuttosto debole e correttamente Lonquich ha evitato sonorità eccessive per rispettare quelle dello strumento ad arco. Dove il duo non ha assolutamente reso lo spirito del musica è stata nell’ultima sonata di Beethoven. Qui tutta la tragicità e il “pathos” del secondo tempo si sono persi in un mezzo piano costante che in nessun modo ha reso lo spirito della composizione. Le semibiscrome, fulcro della tragicità dello spartito sono, diventate una sorta di abbellimento anonimo. E lo stesso dicasi per la fuga finale priva di dinamica espressiva trasformata in uno studio tecnico incolore. Un solo bis con un successo moderato di pubblico. Ma questo non fa testo visto che il violoncello è strumento a molti spettatori bolognesi indigesto.  (Ammenda: mi è stato fatto notare che i bis sono stati due ma io sono dovuto andare via dopo il primo….)
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(Giovanni Neri 77)
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Programma

LUDWIG VAN BEETHOVEN Sonata n. 2 in sol minore op. 5 n. 2              
NADIA BOULANGER Tre Pezzi
SAMUEL BARBER  Sonata in do minore op. 6
CLAUDE DEBUSSY Sonata in re minore
LUDWIG VAN BEETHOVEN  Sonata n. 5 in re maggiore op. 102 n. 2

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A program definitely  demanding that ranges between ‘800 and’ 900 and offers a wide and complete musical panorama. Very significant is his initial composition and the conclusion that allows people to understand the compositional evolution of Beethoven, from the first setting of style still Haydnian (although without the traditional tri-quadripartition) to what is called “third phase”, perhaps in an improper but sufficiently indicative way. The sonata op.102 n.2 expresses all the final poetics of the composer of Bonn, both for the almost atonal harmonies in certain passages of the finale (some of the dissonances are more than twentieth century) and for the presence of the fugue (in reality the diction is “allegro fugato” because it does not strictly respect the contrapuntal dictate). A monument to the cello not understood by his contemporaries as well as the last quartets, the last piano sonatas and in general the last compositions. In all these scores, however, fugue emerges in one way or another as a distinctive element, a classicist reference revised in the times that preceded romanticism. A sonata that must be listened to several times to understand all its meaning and that in the final poses technical problems not secondary to the cello and the piano (think of the scales of sixths of the piano in the final part of the fugue that require an “octave” performance).  Between the two Beethoven masterpieces three twentieth-century compositions among which emerges the short sonata by Claude Debussy that in its rarefaction contains the whole world of the french composer. Andit must underlined the choice of a composition by Samuel Barber (a composer who is increasingly rediscovered beyond his famous “adagio“) and the presence of Nadia Boulanger – expression of the french culture in of the mid-nineteenth century – whose production is notable for a personality “out of the chorus” even if his multiple cultural acquaintances included all the most famous figures of the period. Well executed the first Beethoven sonata and the two compositions by Barber (a nto beautiful sonata, episodic and devoid of a logical thread) and Boulanger. In Debussy we began to feel that absence of colours that for an impressionist of music must be the leitmotif of the execution. A mostly flat interpretation also because Altstaedt’s cello has a rather weak sound and correctly Lonquich has avoided excessive sounds to respect those of the string instrument. Where the duo absolutely did not render the spirit of music was in Beethoven’s last sonata. Here all the tragedy and the “pathos” of the second half were lost in a constant “mezzopiano” that in no way made the spirit of the composition. The semibisquavers, the fulcrum of the tragedy of the score became a sort of anonymous embellishment. And the same applies to the final fugue without the expressive dynamic transformed into a colorless technical study. A single encore with a moderate success of the public. But this does not count since the cello is “mildly” (euphemism) beloved by Bologna’s public.
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2 risposte a "Altstaedt Lonquich- Bologna Musica Insieme 6 Marzo 2023-"

  1. Giuseppina Speltini ha detto:

    Caro Kurvenal in realtà due bis: Britten e il secondo tempo della Sonata n.2 di Beethoven. Il violoncello non mi è sembrato così debole. In complesso un bel concerto

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    • Grazie: la colpa (di cui faccio ammenda) è mia perchè sono dovuto uscire dopo il primo bis (che credevo che fosse l’ultimo!). Confermo invece tutte le mie perplessità per l’esecuzione della seconda sonata di Bethoven. Grazie della precisazione!!!!

      "Mi piace"

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