MATISSE
Tre giorni fa ..
… .ho scritto una recensione sul “Ballo in maschera” della Scala (recensito oggi sul Sole da Carla Moreni che deve avere assistito a una “prima” diversa dalla mia….) definendo il libretto “un orribile polpettone”. Ebbene al peggio non c’è limite perché il libretto della Lucrezia Borgia di Donizetti riesce nella galattica impresa di essere molto più scombiccherato e senza fruire – in tutta l’opera – delle belle arie dello spettacolo scaligero. Non a caso l’opera non è molto frequentemente rappresentata e di essa si ricorda – talvolta – l’aria Il segreto per esser felici e molto poco altro. Ne discende che per nobilitare un simile disastro sarebbe necessaria una regia e un cast galattico. Ecco – per essere chiari – la regia di Silvia Paoli (appuntatevi il nome perchè se la conosci la eviti) è una pura e semplice schifezza (eufemismo) contestata persino dal normalmente compassatissimo e non reattivo pubblico del Comunale di Bologna (buh e urla di “vergogna”!). Ma veniamo allo spettacolo. La scena è quella di un mattatoio (con tanto di chiazze di sangue e ganci cui appendere i capi macellati). Il perché dell’ambientazione è pura speculazione.
Al suo interno – miracolosamente – alternativamente un grande tavolo o due divani perché di fatto trattasi di bordello (la tenutaria doveva essere amante del macabro) in cui all’inizio si avvinghiano repubblichini e prostitute. Dopo opportune evoluzioni erotiche si sveglia Gennaro (che per dormire in mezzo a tanto “bordello” doveva essersi imbottito di Tavor) e appare magicamente Lucrezia che si capisce fin dall’inizio essere la madre di Gennaro che però in un raptus edipico se ne invaghisce. Ravvedutosi grazie alle informazioni dei colleghi repubblichini sulle malefatte di Lucrezia tramuta la passione in odio (rapidamente!) mentre al geloso Alfonso (che si scopre essere il marito di Lucrezia e che è un gerarca fascista di Salò) girano le piriquaglie per le avventure della moglie e giura di uccidere Gennaro e tutti i suoi camerati con un veleno immesso nel vino nonostante i prieghi di Lucrezia per il figlio.
Prima di questa scena abbiamo in sequenza il saggio ginnico dei repubblichini, la loro danza (!) da avanspettacolo e la disgustosa scena delle prostitute recluse in una gabbia per esserne estratte e appese ai ganci del mattatoio. Non solo la volgarità della scena è ripugnante ma viene il dubbio che si tratti di un riferimento men che dilettantesco al “Salò o le 120 giornate di Sodoma” di Pasolini nel centenario della sua nascita. Dalla sua tomba escono cupi rumori della salma che si rivolta.
Come in ogni saga macabra non manca l’antidoto al veleno ma Lucrezia – dopo avergli rivelato la maternità – per risparmiare ne ha una sola dose che offre a Gennaro (e che gli altri repubblichini che han bevuto il vinaccio vadano in tanta malora! ) che però rifiuta per spirito di corpo. E come finisce l’ignobile libretto? Con Lucrezia che muore sopra il cadavere del figlio: poteva essere diversamente ? Come una simile messa in scena e regia possa essere stata scelta e accettata dal teatro è l’ennesima prova della qualità scadente del teatro stesso. La parte musicale è certamente migliore. La Lucrezia di Olga Peretyatko ha luci ed ombre. Una ottima prova quando il registro è intermedio ma non appena il suono cresce di altezza e l’intensità dell’emissione aumenta, la voce si inasprisce mancando di quella rotondità che è la caratteristica delle grandissime soprano. Nonostante una salute non perfetta molto buona la performance di Stefan Pop nella parte di Gennaro e una menzione di assoluta qualità a Lamia Beuque come Maffio Orsini che eccelle anche nella famosa aria del brindisi. La direzione di Yves Abel è “onesta” mentre il resto del cast non è francamente all’altezza della parte. Alla fine l’intera compagine teatrale viene “perdonata” dal paziente pubblico del comunale anche perchè molti spettatori, specialmente i più disgustati, hanno lasciato la sala dopo la prima parte.
PS La regista, oltre a essere una disgrazia registica è anche una grande maleducata non avendo avuto il coraggio di presentarsi sul palcoscenico alla fine della serata. Ci vorrebbe almeno il coraggio delle proprie scelte e non tirare il sasso nascondendo la mano!!!!


DIRETTORE Yves Abel
REGIA Silvia Paoli
CAST
LUCREZIA BORGIA Olga Peretyatko
ALFONSO I D’ESTE Mirco Palazzi
GENNARO Stefan Pop
MAFFIO ORSINI Lamia Beuque
JEPPO LIVEROTTO Cristiano Olivieri
DON APOSTOLO GAZELLA Tommaso Caramia
ASCANIO PETRUCCI Tong Liu
OLOFERNO VITELLOZZO Stefano Consolini
Concordo sul suo consiglio di appuntarsi il nome della regista al fine di evitarla.
Questa Silvia Paoli è stata la regista anche della “Carmen” rappresentata a Reggio Emilia nel gennaio di quest’anno.
Una rappresentazione di un’ insensataggine e tristezza oscene; senz’altro una delle peggiori regie mai viste.
"Mi piace""Mi piace"
Speriamo ma abbiamo in futuro anche uan regia Michieletto….
"Mi piace""Mi piace"
Tutti tremano…….
"Mi piace""Mi piace"
Non posso che concordare con lei. In aggiunta, il fatto che la regista non si sia presentata alla fine dello spettacolo mostra non solo un suo atteggiamento irrispettoso nei confronti del pubblico ma anche una debolezza di fondo del teatro, incapace di assumersi le responsabilità di tale scelta.
Ho quasi il sospetto che sia proprio una linea del teatro quella di scegliere delle regie che mettano in scena, in maniera disastrosa e superficiale come in questo caso, grandi temi come il femminismo, la violenza sulle donne e via dicendo, andando di fatto a svilire l’opera stessa e il proprio pubblico. Come direbbe Muti, sembra che il nostro teatro abbia sacrificato la musica sull’altare della regia.
Capitolo voci, sono rimasto piuttosto deluso dal basso e da alcuni membri del quartetto degli amici di Gennaro, mentre è una buona conferma la prova vocale di Stefan Pop.
"Mi piace""Mi piace"
Ovviamente confermo al 100%. Quanto alla regista è una gran maleducata
"Mi piace""Mi piace"